N.59 La sentenza della vita
LA SENTENZA DELLA VITA
Scegliere l’impossibile nella vita determina percorsi di rara bellezza con la certezza però che non conducono a nulla perché perseguono fini irrealizzabili.
Ma cos’è la vita se non il fine irrealizzabile del totale di fini da realizzare?
Destinati quindi a non poter raggiungere tutti i fini possibili, ci illumina l’ambizione dell’ambire all’impossibile come sovvertimento dello scopo e ce ne innamoriamo perdutamente al punto tale che qualche “poeta convinto”, da sempre e ancora, ci prova a viverlo.
Ma dobbiamo amaramente riconoscere che questa volontà non risolve realisticamente l’ansia di esistere. Anzi accentua le contraddizioni tra sogno e realtà offrendo il fianco alla considerazione dell’inutilità del perseguire una ricerca di fatto così vana che intanto, ancor più raffinata, addirittura straripa nell’approfondimento dei dettagli dell’impossibile, ipotizzato titolo, come nel mio caso, di un testo oggetto di profonda argomentazione con il maestro Umberto Galimberti.
L’impossibile: questa estrema esaltazione è accesa solo e sempre dalla convinzione che esista chi, oltre a comprenderti, è anche motivato dalla stessa tua emozione.
Poi scopri che ad ogni dubbio questa immagine vacilla. Anzi, credi persino che sia solo frutto di una tua duplicazione che genera persino un sottile ed inspiegabile istinto di repulsione nell’anima gemella che macchia, istante dopo istante, ogni autentica intenzione.
E giunge, poco poetica, la conclusione che ogni incontro è solo una colossale forma pura di illusione.
Di conseguenza prende il sopravvento il concetto che solo fare scelte possibili può appagare la natura umana che tende a raggiungere un risultato, qualunque esso sia, pur di sentirsi realizzata.
È bene dunque murare definitivamente le porte al sogno e mettere finalmente i piedi in terra?
C’è tempo per alcuni. Basta volerlo.
Ma, se quel che è stato fatto resta tale, non ci sarà comunque. Questa la scoperta.
Questo adesso s’impara, perché è la condizione più oggettiva nella vita di tutti.
Il bisogno estremo è l’appagamento, specie quando è a portata di mano, e non certo la ricerca di sublimazione che di fatto provoca solo inquietudine, dissenso e spesso l’esperienza del dolore, il più intenso.
Bisogna prenderne atto. Nella nuova gioventù giustifica tutto, anche i bambini sotto terra.
Ed ecco che la ricerca dell’impossibile e dei suoi dettagli, questo voler sovvertire la realtà ed i suoi canoni prestabiliti, persino alcune leggi della natura, diventa il più profondo “limite” al se stesso nell’istante in cui la lucidità del vivere te ne dimostra l’assurdità dell’averne addirittura immaginata una altrui condivisione.
Così si scopre di aver letto dentro occhi e mani che non sono tue, la follia del raddoppiare la stessa impossibilità dell’impossibile.
Termina così. Di punto in bianco, anche nel più lungimirante dei poeti.
Perché la vita accade. Nulla può il poeta se non osservarla, potrà anche narrarla ma mai viverla e soprattutto mai potrà cambiarla.
Come obbligare una sorgente a deviar se stessa se il nulla ricongiunto al nulla resta ancor più tale quando la naturalezza della sua espressione coinvolge, suo malgrado, l’altro?
Con tutto che si riduce all’unico utile risultato: ovviare all’inquietudine ed al dolore della solitudine. Resta la veggenza del fare, frutto unitario di una conoscenza intuitiva che sente cose, gesti, parole e persone. Inconsciamente. Nothing can stop me, dice la canzone. Coerenza di un impossibile che non può essere fermato.
Perché in verità umano non è guida all’essere ma convergenza di una più intima solitudine.
Solitudine che, dell’umano, diventa, anche nel futuro, il suo passato.
Resta che, nel quotidiano, comprendere di dover evitare di esprimere la naturalezza non cancella l’integrità della sua motivazione.
I modi di essere son tanti ma il solo valore individuale che conti è che il sano principio dell’amore altrui che li genera resti unico nella sua essenza.
La risposta ad ogni domanda non sarà mai quella giusta, ma poco importa. L’importante è che ci sia.
Questa, della vita, è la sentenza.
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