N.04 Vita è Morte

N.04 Vita è Morte

VITA È MORTE

Un tentativo di chiarimento di idee è sempre lecito specie nei momenti di torpore.

Siamo sottoposti ai pericoli di ogni singolo contesto che ci riguarda. Mai come adesso ciascuna realtà che ha caratterizzato il nostro vivere quotidiano tenderá ad agire sui nostri caratteri nel condizionarci alla adattabilità di una accettazione di “circostanze di volta in volta necessarie” nella vana illusione di un recupero di normalità prevaricando così sugli esercizi mentali di una lucidità prospettica che invece invocano parole alternative a quelle che si ascoltano quotidianamente e che, con meraviglia, si ritrovano in ogni testo scritto del mio essere poeta.

Una lucidità che mentalmente dovrebbe indurci a pensare in modo assolutamente controcorrente.

Intanto qual è la corrente?

La corrente è un mondo che corre ai ripari per salvaguardare una realtà che sembrava granitica, scontata e globale e che si è sgretolata di fronte ad una minuscola particella organica che nessuno sa come frantumare.

La corrente è un mondo che trova il solo rimedio nell’isolamento perché il contagio ci ha resi tutti bombe ad orologeria. Bene, giusto, ma qual è la prospettiva? Una vita da isolati assoluti per i soggetti contagiabili con il potere in mano agli asintomatici che potendo scorrazzare liberamente gestiranno le cose del mondo? E per gli anziani, generazione destinata a scomparire, a questo punto perché non la scelta della “dolce morte” con qualche tempo in anticipo, senza eccessi di dolore e senza investimenti giganteschi – solo ora in emergenza – di miliardi per i posti di terapia intensiva, con conseguenti conclamate posizioni di aumento del debito collettivo che sarà tutto a carico dei più giovani “resistenti che resteranno” e che dovranno rispondere anche di questi. Bene, giusto, e allora perché non fare il tampone contrario, quello che identifica gli asintomatici ai quali viene dato un lasciapassare per essere i soli che possono andare a lavorare, isolando, rendendoli “zombi” tutti gli altri?

La corrente è un mondo che non ci spiega cosa sarà il domani, che non dice se in una Cina senza più contagi tutto è come prima per cui così sarà pure per noi. La corrente è un mondo che, come in Italia, promuove elicotteri mensili di soldi, pochi e per “categorie” invece di fare un primo grande passo: sbloccare tutti i debiti della Pubblica Amministrazione verso i privati, una vera boccata d’ossigeno a catena sia pratica che psicologica. Ma qui forse è un problema ancor più drammatico di risorse e mentalità carenti.

La corrente, infine è ognuno di noi. Con il proprio carattere, con le proprie ambizioni, con i propri vizi, con la propria avidità, con la propria indifferenza, con i propri privilegi, con la propria malvagità, con la propria ignoranza, con la propria tracotanza, con il proprio servilismo, con la propria incoscienza, con il proprio egoismo misto a solidarietà ed altruismo e con la propria inoperosa e stagnante aspettativa.

Occorre la lucidità di pensare in modo assolutamente controcorrente. Come fare? Ecco qualche input a distanza:

1. essere compatti nella gestione delle opportunità, ritrovarsi come gruppo di intenti e non come categoria di condizioni;

2. concentrarsi nella comprensione della radicale mutazione sociale che senza scampo sta per avvenire e predisporsi ad accettarla;

3. sfruttare e sviluppare un rapporto “a distanza” nel quale identificare un cifrario (tutto da inventare!) che permetta una reciproca capacità di comprensione anticipatrice di tutte le difficoltà che sorgeranno man mano che il caos di situazioni e persino di sentimenti con i quali siamo destinati a vivere produrranno effetti devastanti sui nostri ego.

4. acquisire coscienza ed umanità nei confronti della radicale mutazione delle future condizioni di vita distinta per generazioni: giovani che possono affrontare e superare l’evento e di contro, purtroppo, la condanna all’isolamento totale di intere fasce di non giovani auto-sigillati in attesa di contagio e nell’attesa della fine. Questo lo ha deciso la natura per cui – è drammatico – ma a riguardo non c’è più nulla da fare.

Come vedete infine tutte le soluzioni che ci prospettano sono solo una trappola. La grande novità è che non possiamo evitarle bensì possiamo solo scegliere in quale trappola finire.

È come affrontare le rapide di un fiume sconosciuto. E, comunque, vanno affrontate controcorrente.

Il primo atto?

Liberarci finalmente dagli orpelli del nostro contesto, dai banali condizionamenti dei nostri stupidi caratteri, magari da una parte calcolando con estrema lucidità ogni singolo passo utilitaristico da fare (si spera in termini di unità di gruppo per un possibile raggiungimento di risultati che da solitari sarebbero impossibili) e dall’altra dando libero sfogo alle passioni (ecco lo spazio dove riunirsi!) magari ancora da scoprire che liberino l’autentico che è in ognuno.

Siamo dunque bombe ad orologeria, altro che terrorismo. Gli uni sono l’innesco, gli altri implodono. Il futuro?

Siete giovani? Il futuro è nelle vostre mani. Mani di generazioni assassine loro malgrado: per questo è necessaria a monte una nuova educazione, una etica cosciente ed una compassione lucida.

Fabbrica Wojtyla lo sa da tempo ed opera solo in tal senso: dilatare gli animi e agitare le coscienzeSaggi da giovani scapestrati da vecchi. Perché se sei stato saggio da giovane, da vecchio te lo ricorderai pur agendo in modo scapestrato. Non abbiamo una nostra verità ma abbiamo la costanza della sua autentica ricerca.

E se il nome di Wojtyla potrebbe sembrare un indirizzo non laico, lo smontiamo subito.

Non possiamo negare che c’è stima per la storia della vita di Cristo: è stata una indicazione al genere umano. Nitidezza, come in Teatro, delle parti: parti scisse, posizioni definite, eventi certificati persino nel gran finale, dalle tavole di Mosè alle stazioni della via crucis. Cristo tra gli uomini. Allora Cristo sa e se Cristo sa, allora sceglie di morire. A 33 anni. E noi, a quale numero di anni vogliamo arrivare? 100, 150? Vie di mezzo. O ci danno l’eternità senza acciacchi o è presumibile che si debba apprezzare l’uomo che in lucidità si ponga anche coscienziosamente un limite di tempo ( senza finire nelle drammatiche condizioni di accanimenti terapeutici o di respiratori portatili come palombari sotto i mari) e scelga come Cristo, chi una truculenta e chi una dolce morte.

Ecco scritta una pagina di gran Teatro.
Wojtyla, come noi, era Teatro.
Teatro serio, cosciente, motivato, perché il Teatro nasce dalla morte. Eccolo, il Teatro.

Kadarè, riprendendo Eschilo dà una immagine potente della prima funzione del Teatro, la sua nascita. La fossa in cui si depongono i morti, davanti alla quale hanno libero sfogo veri sentimenti ed emozioni degli uomini sostenuto persino da “piangenti” prezzolate, viene ribaltata di 45 gradi e diviene il boccascena con le sue quinte ed il suo fondale. Il teatro nasce dalla morte reale. La vita è continua Rappresentazione, trucco, paradigma, metafora, essenza della morte. La vita è la trappola. La morte è la soluzione. Esserne consapevoli può mutare le sorti della intera umanità. Un momento epocale, forse, come dice il poeta: …e non c’è circostanza che possa garantire che anche adesso che la consideri avversa, questa che io ti ho appena offerto è stata la tua ultima occasione …persa!

  PATRIZIO RANIERI CIU © FABBRICAWOJTYLA 2020

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