N.50 Il Gioco della Vita

IL GIOCO DELLA VITA

La realtà è pioggia che bagna la strada, sole che asciuga i panni, saliva che diviene unica tra due labbra unite, l’arredo di una casa. Poi c’è il pensiero che è il gioco della vita. Il pensiero è la matrice della creatività. Crea la malinconia nel guardare la pioggia che bagna la strada, crea la sensazione di benessere al caldo del sole che asciuga i panni, crea l’amore sentimentale tra due esseri la cui saliva diviene unica tra due labbra unite, crea la soddisfazione del piacere di muoversi nell’arredo di una casa.
Piccoli esempi, questi, che dimostrano come il pensiero sia il gioco della vita. Noi siamo giocatori che investono la propria capacità di creare pensieri fuori e dentro e intorno alla realtà. 
La realtà, imperturbabile, consiste. Il nostro pensiero invece esiste. 
Si era, si è e si diventa solo grazie al pensiero. Il gioco della vita sei tu nella realtà. Siamo solo noi stessi a muovere i fili della nostra vita con il pensiero su cose, azioni e persone. 
Pensiero che altro non è, diceva bene Schopenhauer, che l’interpretazione che diamo della realtà. 
E siamo solo noi stessi che permettiamo ai pensieri di altri di intervenire sui nostri e renderli dipendenti, condizionati, pronti a modificarsi in seguito alla maggior o minor consistenza del pensiero altrui. Così il gioco della vita che ognuno avrebbe la facoltà di inventarsi nel modo più originale e consono alla propria naturale proiezione con la sola regola di non ledere altrui esistenze, si trasforma in una struttura logica di predisposizione alle regole di vita tramandate nell’illusione che questo “luogo comune dell’essere” faciliti l’esistenza di ognuno. Ma più regole se ne accettano e più scade la nostra capacità di creatività, più il gioco non ci corrisponde, non ci appartiene bensì diventiamo pedine del gioco di altri. 
Così la povertà, il razzismo, la violenza, il bullismo, la dipendenza, l’ignoranza, la cattiveria, l’egoismo, il sopruso, la degenerazione, la confusione… in parole povere le manifestazioni interpretative del potere.
Il potere è il gioco dei giochi della vita. 
Esclusivo, elitario, personalizzato, è pura logica di sopraffazione pur nella convinzione di agire a beneficio di altri, che altro non è che l’involontario uso improprio degli altri. Potere su popoli, potere su un singolo essere umano, su una donna, su un bambino, sui deboli, sugli ultimi.
Occorre dunque cancellare progressivamente una dopo l’altra tutte le regole preesistenti non per riscriverne di nuove ma per affidare alla “piena libertà di essere” la capacità di acquisire coscienza al punto tale da comprenderne anche come il rispetto verso la propria nasce dal rispetto verso quella degli altri. 
Così si vivrebbero solo intense e coscienti corrispondenze di intenti perché, di fronte alla volontà di escludere la possibilità di una contrapposizione, l’alternativa resterebbe quella di una autentica solitudine
E la solitudine come principio, quando è davvero una scelta, è la migliore interpretazione di tutto ciò che è reale. Ma ciò non significa esclusione degli altri, anzi. 
Incontrare una solitudine che sia convinta, che sia davvero tale, è l’incontro vitale per eccellenza perché insegna a sapere che al gioco della vita è possibile ben giocare solo da soli e magari insieme ad altri compiere percorsi di intense e coscienti corrispondenze di intenti che accresceranno la autenticità della propria solitudine la cui essenza naturale risulterà essere nuova e pura creatività.
Che sia questa la primordiale motivazione degli umani ne è prova l’innocenza nei bambini contrapposta al desiderio di potere negli adulti. Perché le regole predisposte sono funzionali a consumare ciò che un Dio ha creato, mentre il pensiero nell’istinto umano è essere nel creato per creare. Che sia così la prova è l’Arte. 

PATRIZIO RANIERI CIU © FABBRICAWOJTYLA 2022 

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