N.42 Stravolgere il mondo per non esserne Travolti

STRAVOLGERE IL MONDO PER NON ESSERNE TRAVOLTI

È la normalità che determina la condizione umana.
Quando non è tragico e non è ironico, cioè non è artistico, un comportamento resta solo umano.
Condizione che è la peggiore forma di accesso all’esistenza. È lo scontro costante di volontà. Volontà che costantemente si contrappongono ad un unico fine: la prevaricazione.
È una esigenza umana, è il problema della natura umana.
Non c’entra il bene o il male, l’amore o l’odio, il maschile o il femminile. La contrapposizione degli individui è naturale. 
È qualcosa nel cervello che è malfunzionante, che è sbagliato. 
Ed è impossibile vincere contro la natura umana. 

Vivere è solo un continuo tentativo di risposta alla necessità di appagamento istantaneo, alla insoddisfazione latente dell’essere, dalla più piccola delle banalità individuali ai conflitti mondiali. La sottile gara dell’antagonismo, della prevaricazione quotidiana. 

Di fronte a questa “maledizione esistenziale” la unica soluzione è qualificare la vita prefissando l’aggettivo artistico al verbo esistere. L’avverbio dell’arte, amare artisticamente, ragionare artisticamente, operare artisticamente, vivere artisticamente potrebbe essere la carta vincente? Fare la differenza? 
Heidegger scriveva: «C’è una battaglia tra il mondo costruito dall’artista e la terra che si richiude». 
Quindi è possibile considerare l’opportunità dell’arte come “istruzione performante” del vivere, come la sola scelta capace di mutare la obbligatorietà dell’umano al comportamento prevaricante?

Ma la natura umana ha nell’essere umano la sua più diretta rappresentazione. La prima prevaricazione noi la compiamo verso noi stessi già nel pensiero che riconduciamo a dove vogliamo. Dunque il primo scontro di volontà è dell’io stesso. Ed è questo scontro quel che si riverbera nel confronto con gli altri. 

Nasce allora il dubbio se sia possibile “applicare” questa qualificazione non individualmente. 

Ora la verità è che la dimensione artistica può risolvere, in casi del tutto eccezionali, lo scontro interiore del singolo essere umano e, cosa che gratifica una relazione ma solo in circostanze eccezionali, tra singoli esseri umani con natura artistica senza però riuscire mai a cancellare in una comunità, in un gruppo sia pur coeso, il conflitto delle volontà che interpretiamo e difendiamo erroneamente intendendole come identità. 

L’identità reale non è l’affermazione del proprio io, quindi difesa e attacco in azione combinata della volontà. È una costruzione che nasce dalla consapevolezza di una decostruzione da avviarsi man mano che uno ha conoscenza del proprio contesto, nel senso che riesce a valutarne oggettivamente, man mano che la scopre, quella influenza che tal contesto ha su una propria indole.  

Ebbene già questo è un lavoro immane che un essere umano dovrebbe svolgere con sé stesso e sembra non basti una vita per metterlo in pratica. Inoltre non tutti hanno la opportunità di poterlo fare con il supporto necessario magari di un credo artistico capace cioè di qualificarne la azione. 

E vengo allora al dunque di questa lunga premessa: sarebbe possibile realizzare una “concentrazione di spiriti”, una sorta di coesione delle volontà che possa disarcionare la natura umana?  Che possa smontare il principio del “confronto delle volontà” per accedere al concetto di “una volontà oggettiva” e quindi unica?  

Si tratterebbe di una scelta collettiva reale di superamento di ogni singola tendenza al convenzionale col fine di divenire una “espressione salda” di approccio originale alla esistenza, una esistenza determinata da una qualità del modo di essere “arte”, riuscendo, uniti insieme, ad abbattere l’insofferenza individuale nella obbligatorietà comportamentale. 

Potrebbe apparire un modello autoritario quello che sembra tendere a rendere unica la volontà ma credo sia viceversa. Cioè è la dimensione contraria del “liberi tutti” che, inquadrandola, ha trascinato verso il basso l’azione quotidiana del vivere in quanto la massificazione delle scelte favorisce la mediocrità comportamentale ed i risultati sono evidenti: l’allineamento costante appunto alla mediocrità. 

Il rischio peggiore è che questa “democratizzazione deteriorante” (che non ha nulla a che vedere con il significato reale di democrazia, prima vittima del fenomeno) sta invadendo, grazie alla mediocrità dei preposti, anche la delicata dimensione dell’arte rischiando così di contaminarne definitivamente l’essenza: la capacità di influenza sulla autonomia della soggettività consapevole che è la sola garanzia per il raggiungimento della “volontà oggettiva”, unica causa che ha come effetto la coscienza dell’essere

L’utopia è un mondo senza leggi, superate da una coscienza dell’essere inteso come “vivente vissuto artisticamente” in una costante tensione di sublimazione priva di riscontri se non intimi e quindi individuali. 

Ed è in coscienza che credo, in conclusione, di poter affermare che la attuale umanità in quanto al gradino più basso della propria condizione, se si stravolgessero le funzioni di tutte le potenzialità raggiunte (tecnologia, mass media, social etc.), sarebbe proprio per questo in grado almeno di “comprenderne” la portata.

PATRIZIO RANIERI CIU © FABBRICAWOJTYLA 2022 

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Una riflessione di Francesco Maienza

LA SUBLIME ARTE DEL METTERSI DA PARTE

Proprio nel momento in cui la lucidità viene meno e si rischia l’appannaggio
approfittando dell’offuscamento viene fuori con coraggio 
quell’essere dalla lingua lunga e biforcuta insito in ognuno di noi,
che senza se e senza ma avanza senza pietà 
per colpire senza dolo la sua vittima preferita: l’altro, 
minando relazioni e tradendo le emozioni sostituendo ai sentimenti inutili atteggiamenti.
Avanza d’impeto, informe, irrazionalmente istintivo pronto a balzare come lo scatto di una molla di una trappola per topi per sbranarti.
Con l’azione della reazione afferma con egoismo e prepotenza la sua presunzione, guardandoti con occhio fermo e prevenuto, pronto a fermare in un’istante con la forza della parola la più grande forma di prevaricazione: l’onestà del pensiero. 
Questo è il carattere, l’“essere” presunto che ognuno di noi crede. 
Sei quando non sei.
Nessuno è onnipotente, neanche Dio che subisce ogni giorno la sua creazione.
Nulla è dovuto a nessuno ma tutto è volontà di ognuno.
Imparare ad annullarsi e a mettersi da parte è la sublime arte che si apprende dal dono più grande che ci sia: l’ascolto.

La coscienza cosciente 
della consapevolezza 
di ogni limite
è la sola 
che ne permette
il superamento.

FRANCESCO MAIENZA © 2022

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