N.40 Viva la guerra!

VIVA LA GUERRA!

Quanta ipocrisia nel giudizio della azione russa condotta da Putin, colui che i russi hanno scelto con gli strumenti di scelta che loro hanno a disposizione, diversi ma di certo non migliori di quelli usati in ogni continente, dove a scegliere i loro presunti carnefici sono le stesse masse quantitative di voto, vittime così poi di se stesse.  
L’ipocrisia, dimenticando quante ce ne sono e sono state, è nel giudicare l’atrocità di questa guerra, l’infamia dell’uso delle armi, oggi.
In che consiste l’ipocrisia?! 
Nel fatto che esistono, le armi! Dunque, a che servono? A non usarle?! Allora è come fare figli e poi magari non farli vivere!
Le armi ci devono essere, sono il deterrente che impedisce una aggressione! Si risponde. 
Ma se servono per difendersi è perché servono appunto per aggredire! Cos’è, un paradosso?
E se così allora fosse, perché armare un popolo intero? 
Ma si combatte per la difesa della libertà!
Ma quale libertà, quella di modelli politici e culturali che solo in apparenza appaiono identitari ma che dipendono esclusivamente tutti da una unica legge: quella del mercato?! Armi e danaro. Fiumi di danaro in movimento, borse con alti e bassi, ribassi che favoriscono rialzi, prezzi alle stelle! Qualcuno guadagna sempre e nel guadagno il giro è sempre degli stessi. 
Una unica volta Cristo fu violento. Nel Tempio a Gerusalemme dove scacciò i mercanti rovesciando e gettando all’aria tavoli e piani dei cambiavalute.
Ecco, è questa la violenza necessaria ora. La violenza culturale, quella rivoluzionaria di un intento intellettuale di abbattere una logica, distruttiva di ogni individualità, che fa convergere masse sempre più consistenti di esseri umani verso il baratro omologante del bisogno. 
Non è bastata una intera pandemia mondiale come lezione? Ora la guerra e, perché no, mondiale? 
Occorre andare a vedere e sentire, come l’Ora X a teatro, la tragedia nova: la rappresentazione sintetica di quanto siamo diventati. Ci vuole un recupero di assoluta energia repulsiva, un ritorno all’antica conoscenza, quella del tragico. Quella attuale non è più conoscenza, ora: è ipocrisia, gestita dagli eterni e sempre più abietti fornicatori dell’info-immagine, ridotta così ad indicazioni futili e volgari a due dimensioni strette nel palmo della mano o sopra schermi sempre più grandi per riprodurre a misura false realtà.
È il principio della scatola grigia: tutti magari hanno valori, possibilità creative e percorsi di identità. Ma ognuno è chiuso in partenza in un contenitore, una squallida scatola grigia. Per cui appariamo tutti uguali. Siamo tutti grigi. Qualche eccezione? Sì, qualche pila qua e là di scatole azzurre o rosse. Ma le scatole, son sempre quelle: contenitori. 
Una magari è persino trasparente! Serve a ricordare che, dentro la sua scatola, ognuno si sente vincente. Ma di fatto siamo vincoli coscritti, storici prigionieri trasformati lentamente nelle stesse spesse mura. Siamo ormai tutti prigioni. E ben si sa, la prigione è la sola che non può fuggire da se stessa. 
Ma Cristo, Gandhi, Martin Luther King, Rugova persino John Lennon, non hanno insegnato niente? Si risponde alla violenza solo con la non violenza. L’unica risposta che umilia il vincitore.
Nuova rivoluzione allora, e un desiderio. Sorridere pensando, pensare sorridendo. L’autentico, raggiunto contro la forza del destino, nella propria resistenza è solo cammino.

PATRIZIO RANIERI CIU © FABBRICAWOJTYLA 2022

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