N.27 Giustizia: il pericolo dell’attualità

N.27 Giustizia: il pericolo dell’attualità

GIUSTIZIA: IL PERICOLO DELL’ATTUALITÀ

Se volessi parlar male de Le Iene dovrei stare molto attento perché magari se non ho pagato una quota del condominio potrebbero farmi passare per un truffatore.
E se dovessi criticare Quarto Grado dovrei fare altrettanta attenzione: perché se attraversando la strada inavvertitamente stavo per finire sotto uno scooter potrebbero farmelo passare per un mio gesto suicida per una delusione d’amore.
E ancora se mi lamentassi di come è condotta “Chi l’ha visto” dovrei preoccuparmi perché se mi si scarica il telefono potrei trovarmi al centro di una loro inchiesta come persona scomparsa nel nulla.
Le nomino a caso, sono la punta d’iceberg, l’emblema di come va il “loro” mondo.
Nel nostro mondo noi siamo nelle loro mani, di questi signori, i superconduttori. Un numero esiguo, spesso giornalisti falliti e peraltro fortunati in quanto hanno raggiunto per politica o raccomandazione un po’ di notorietà e sono disposti a tutto pur di non perderla, passare sopra i cadaveri della gente anzi farne uso improprio per massacrare i perdenti, gli ignavi, gli irresponsabili, gli sconfitti o chi si trova nel momento sbagliato nel posto sbagliato e non sapeva che poteva farci. Soprattutto i silenti… quelli che, nel bene e nel male, comunque non cavalcano la visibilità: quelli sono i più appetitosi… di quelli si fanno trasmissioni lunghe, tipo serials, sono rendite secche, sono i più convenienti. 
Il fine unico? Trarre profitto, stuzzicandola, dalla morbosità della gente.  Intanto la “casualità” li favorisce e continua a mietere vittime e più uno non sa darsi ragione di un accadimento e più quella ragione appare verità in mano a Le Iene, a Quarto Grado e “Chi l’ha visto”. Diventa quel che si vuol vedere mentre invece è solo quel che è.  
Perché è così che funziona la vita.
Capita quel che capita. Come il virus, ma intanto tutti a costruirci su castelli in aria. Se poi chi ci capita ci lascia anche le penne, be’, quello è il tributo che bisogna pagare all’esistenza. 
C’è chi nasce sotto una buona stella e chi nasce senza.   
La volontà, quella persistente ed egoista, quella sola realmente imputabile, quella che forza la stessa casualità per un fine preciso, uno scopo netto, un progetto deciso, quella volontà, proprio perché la responsabilità è certa, chiara e definita, non fa audience, non fa storia. Non c’è morbosità.
No, “Grande fratello” è la nostra nuova memoria. Come la Venier.  
Basta capire! Meglio confluire. 
D’altronde siamo gente che attraversa la movida, la rimpiange…e quello che accade non significa niente, l’importante è che capiti ad altri. E più ci sono intrighi, ambiguità, falsi testimoni a caccia di visibilità, assurdità o ipotesi di sessualità, più la cosa in televisione va. 
La dignità del morto? Cosa conta? Basta la famiglia che grida vendetta in TV. La dignità di chi lo ha colpito? Roba da Giovanni XXIII. La forca ci vuole, altro che il principio del perdono. 
Ma…e se quello si è pentito? Non fa audience, cala lo share, meglio pensare che sia comunque un colpevole incallito.   
Invece una vita è una vita, non può essere bruciata parimenti così come un morto è un morto, ad oggi centoundicimila ne calcola il coronavirus, ognuno una storia. 
E la morte, ricordiamolo, è sempre conseguenza di gesti ma se c’è la possibilità – e a volte per assoluta mancanza di movente la certezza – della casualità, allora, guardiamoci allo specchio: chi non ha colpa scagli la prima pietra. 
Ma attenzione a quelli che sentono di esserlo lo specchio, gli influencers, i “bloggers”, che peraltro hanno opinioni tutte uguali. Purtroppo di questa avvilente società sono questi gli “intellettuali” attuali!         

La soluzione? La cultura vera della gente.
Intanto la riforma della Giustizia. 
Ma che diventi una giustizia rapida, perspicace, illuminata. Altro che Buonafede! Là imperversava la malafede e peraltro quella del peggior gusto.    
Basterebbe un vero processo in primo grado, attento, lineare, scientifico ed estremamente efficace fin dal primo istante delle indagini, ipergarantista e pluri-approfondito, con un appello circostanziale, non in chiave di chi ha soldi per permetterselo, ma solo in caso di riconoscimento di nuovi elementi assolutamente comprovanti – altro che influenze dal web e dalle TV – in modo che lo stillicidio dell’eternità del tempo legale non risulti utile ai veri colpevoli e mortificante per i disgraziati.
Ma la tutela delle garanzie non sarebbe così sacrificata?
Assolutamente no, se naturalmente la riforma della giustizia venisse anticipata dalla verifica e rinnovamento della qualità dei magistrati, i primi in condizione oggi di rappresentare il vergognoso e scoraggiante degrado della funzione Pubblica di questo Stato.
La ricerca della verità, senza se e senza ma. 

La cultura è il primo passo e contemporaneamente l’ultima chance per ogni società.

PATRIZIO RANIERI CIU © FABBRICAWOJTYLA 2021 

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